sabato 16 maggio 2009

E ancora...

Altra riflessione contro chi grida alla mancanza di libertà nel nostro paese, citando fonti molto attendibili, ma come al solito lette solo a metà. (sempre dal Corriere Magazine)


EDITORIALE
DI ANGELO PANEBIANCO

"Liberi di stampa? O no?"


UN RAPPORTO DI FREEDOM HOUSE SOSTIENE CHE Lo STATO DELLA NOSTRA INFORMAZIONE È A LIVELLO DEL BENIN E DI TONGA. UN ALTRO SUO RAPPORTO DICE CHE SIAMOUN PAESE PIENAMENTE DEMOCRATICO. MA IL SECONDO È MOLTO PIÙ AFFIDABILE DEL PRIMO.

Confrontare fra loro le democrazie e valutarne la qualità è difficile. Soprattutto se si tiene conto del fatto che negli ultimi trent’anni c’è stato un aumento spettacolare del numero delle democrazie.
I media, quando si occupano di questi temi, lo fanno in modo per lo più superficiale. I lettori interessati ad apprendere qualcosa di serio sull’argomento possono ora consultare il bel libro dell’economista Eugenio Somaini, "Geografia della democrazia", appena pubblicato dal Mulino. Si tratta di un atlante ragionato sullo stato della democrazia nel mondo che ci aiuta a capire la natura dei più recenti processi di democratizzazione e ci offre delle chiavi interpretative assai utili per valutare le caratteristiche delle nuove democrazie.

Se è sempre difficile ragionare sulla qualità della democrazia, nel caso dell’italia l’operazione è resa ancor più complicata dalle esasperazioni partigiane. Basti vedere come è stata accolta la notizia secondo cui Freedom House, un centro di ricerca che pubblica analisi periodiche sullo stato della democrazia nel mondo, ha “degradato” l’italia da “paese libero” a “paese parzialmente libero” (in compagnia del Benin, di Tonga o della Bulgaria) per quanto riguarda la libertà di stampa. Come si spiega ciò, tenuto conto del fatto che, come chiunque frequenti un’edicola può constatare, il pluralismo, politico e culturale, caratterizza la nostra stampa e ogni opinione vi è rappresentata? E, ancora, come si spiega tenuto conto del fatto che di questa presunta limitazione si
parla liberamente in trasmissioni della televisione di Stato? Qualcosa non quadra.
Bisogna prima di tutto tener conto del fatto che Freedom House pubblica periodicamente due rapporti distinti: il primo, quello davvero importante, riguarda lo stato delle democrazie. Vi si considerano molti aspetti (non la libertà di stampa). Sulla base di questo rapporto, l’ltalia (anche nell’epoca di Berlusconi) è giudicata un “Paese libero”, un Paese pienamente democratico, alla stregua di tutte le democrazie occidentali consolidate. Da alcuni
ni, Freedom House pubblica però anche un secondo rapporto, dedicato solo alla libertà di stampa.

E' in questo rapporto, e solo in questo, che l’Italia figura come “Paese parzialmente libero". C’è dunque un’apparente incongruenza. Se si vanno poi a leggere le motivazioni per cui saremmo, quanto a libertà di stampa, un “Paese parzialmente libero”, si scopre che vengono citate cose disparate e disomogenee come la presenza di organizzaziom criminali in certe zone, l’aumento del ricorso ai tribunali per cause di diffamazione e, naturalmente, Berlusconi.
Di lui si dice (testualmente) che ritornando al governo «ha rinfocolato le paure sulla concentrazione di mezzi di informazione statali e privati nelle mani
di un singolo leader». Ma “rinfocolare paure” non è un criterio oggettivo. Il problema del rapporto Berlusconi-televisioni esiste certamente ed esiste da quando egli è entrato in politica nel 1994. Da qui però a farci supinamente accettare l’idea che l’italia, quanto a libertà di stampa, sia sullo stesso piano di Tonga ci corre assai. Semplicemente, non è così. Con le sue magagne l’italia era e resta una democrazia. Come attesta l’altro, più affidabile, rapporto di Freedom House.

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